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EPICANEWS

BLOG INFORMATIVO DELLO STUDIO EPICA

Aggiornamenti e notizie in materia aziendale, fiscale, contrattuale e societaria

Legge di stabilità: limiti uso denaro contante – approfondimento.

NEWS Posted on Tue, February 02, 2016 21:27:40

POST 74

La Legge di Stabilità per il 2016 ha, come noto, innalzato il tetto dell’utilizzo di denaro contante portandolo da Euro 1.000 ad Euro 3.000.

Tale nuova soglia, in particolare, trova applicazione in materia di:

a) trasferimento di libretti di deposito bancari o postali al portatore o titoli al portatore in euro o in valuta estera (ogni singolo strumento, tuttavia, non potrà singolarmente eccedere la soglia di Euro 1.000);

b) pagamenti delle tasse (ivi inclusi bollo auto e cartelle di Equitalia);

c) negoziazione a pronti di mezzi di pagamento in valuta svolta dai “cambiavalute”;

d) pagamenti rateali anche se il corrispettivo complessivo supera il tetto di Euro 3.000, purchè: (i) il pagamento rateale sia congenito alla natura del contratto in oggetto (es. mandato professionale ad un avvocato da pagare sulla base delle diverse fasi processuali) e (ii) venga conservata, per ogni singolo versamento, la disposizione scritta delle parti contraenti in merito a corresponsione ed accettazione del pagamento;

e) pagamento di stipendi di dipendenti nel settore privato;

f) contratti di locazione, dietro consegna della ricevuta a quietanza del pagamento;

g) donazioni tra parenti e amici.

Il nuovo tetto non trova invece applicazione nei seguenti casi relativamente ai quali resta fermo il limite di Euro 1.000:

a) nel trasferimento di assegni che potranno essere emessi privi di clausola di intrasferibilità solamente per gli importi che non superano Euro 1.000. Qualora pertanto l’importo dell’assegno superi la soglia di Euro 1.000 dovrà quindi essere indicato il nome del beneficiario e la clausola di non trasferibilità;

b) pagamenti effettuati dalle pubbliche amministrazioni, ivi incluso il pagamento ai propri dipendenti ed il pagamento delle pensioni;

c) la rimessa in denaro da parte dei “money transfer”.

Il Dipartimento delle Finanze del Ministero dell’Economia e delle Finanze ha, inoltre, recentemente precisato che:

a) la nuova soglia non trova applicazione ai libretti al portatore il cui saldo, come previsto dall’arti. 49, comma 12 del D.Lgs 231/2007 non può essere superiore ad Euro 1.000;

b) non opera in materia il principio del “favor rei” per cui restano sanzionabili, applicando il previgente tetto, i trasferimenti di denaro contante, di titoli e di libretti al portatore effettuati entro il 31.12.2015 in misura superiore al limite allora vigente ma non eccedenti il nuovo limite.

Si ricorda che la violazione delle norme che disciplinano l’utilizzo del denaro contante è severamente punita con una sanzione amministrativa che va dall’1% al 40% dell’importo che è stato corrisposto, ferma restando la previsione di una sanzione minima che non può comunque essere inferiore ad Euro 3.000.

Tommaso Talluto
Avvocato – Studio Epica – Treviso



Super ammortamento anche per l’acquisto di autovetture.

NEWS Posted on Sat, January 30, 2016 14:01:50

POST 73

La Legge di Stabilità 2016 ha introdotto ai commi 91 e seguenti il cd. super ammortamento. Tale previsione
consente alle imprese ed ai professionisti di effettuare ai fini fiscali una
maggiorazione del 40% del costo di acquisto sostenuto per investimenti posti in
essere dal 15 ottobre 2015 al 31 dicembre 2016 (si vedano post 6 e 56).

Tale previsione è estesa anche all’acquisto di autovetture. La stessa rende
quindi maggiormente appetibile l’investimento in nuovi automezzi per le aziende
e professionisti fino ad ora limitate da prospettive di deducibilità dei costi
sostenuti poco “allettanti”.

Grazie al super ammortamento infatti viene a modificarsi la soglia di
rilevanza fiscale del costo sostenuto che in virtù della predetta maggiorazione
del 40% passa:


da euro 18.076 ad euro 25.306 per i professionisti e per
le imprese che acquistano ma non assegnano l’auto ad un dipendente (si ricorda
che la predetta soglia non vige qualora l’auto sia assegnata ad un dipendente/amministratore);


da euro 25.822 ad euro 36.151 per gli agenti e
rappresentanti di commercio.

L’aumento delle soglie sopra descritte (previste dal comma 92 con specifico
richiamo all’aumento al 40% delle limitazioni di cui all’articolo 164 comma 1
lettera b. del TUIR) non è stato seguito da un pari aumento delle percentuali
di deducibilità dei costi che rimangono pertanto invariate e che sono:


20% per le quote di ammortamento annuo delle auto acquistate da professionisti
e da imprese senza assegnazione a dipendenti (tenuto conto delle soglie fiscalmente
rilevanti sopra descritte);


70% per le quote di ammortamento annuo delle auto aziendali date in uso
promiscuo ai dipendenti (senza limiti relativi a soglie fiscalmente rilevanti);


80% per le quote di ammortamento annuo delle auto acquistate da agenti e
rappresentanti di commercio (tenuto conto delle soglie fiscalmente rilevanti
sopra descritte).

I predetti limiti di deducibilità non si applicano a quegli automezzi
utilizzati per lo svolgimento proprio dell’attività di impresa (ad esempio i
taxi
).

In estrema sintesi i maggiori costi deducibili passano:


da euro 3.615 a euro 5.061 per l’acquisto di autovetture da parte di professionisti e di
imprese senza assegnazione a dipendenti/amministratori;


da euro 20.658 a euro 28.921 per l’acquisto di
autovetture da parte di agenti e rappresentanti di commercio.

Per quanto riguarda le auto in leasing, il 40% si
ripartisce in funzione del periodo massimo di deduzione dei canoni (24 mesi per
le auto a deduzione integrale e connesse a benefit ai dipendenti – 48 mesi per
le auto aziendali non assegnate e quelle degli agenti e rappresentanti di
commercio).

Si ricorda in ultimo che l’ammortamento scatta dalla
messa in uso del bene e per i leasing con la consegna/collaudo del bene.

Luca Zannoni
e Alberto Simonetti
Dottori Commercialisti – Studio EPICA – Treviso



Rinuncia del credito da parte del socio amministratore a rischio tassazione.

NEWS Posted on Fri, January 29, 2016 10:44:21

POST 72

La Corte di
Cassazione con la sentenza n. 1335 depositata in data 26 gennaio 2016 si è
pronunciata in merito all’annosa questione della tassazione in capo ai soci in
conseguenza della rinuncia da parte di questi del credito vantato nei confronti
della società. Tale pronuncia ricalca quanto sostenuto dall’Amministrazione
finanziaria con la C.M. 27 maggio 1994 n. 73 nella quale “la rinuncia ai
crediti correlati a redditi che vanno acquisiti a tassazione per cassa (quali,
ad esempio, i compensi spettanti agli amministratori, dividendi e gli interessi
relativi a finanziamenti dei soci) presuppone l’avvenuto incasso del credito (cd. incasso
giuridico)
e quindi l’obbligo di sottoporre a tassazione il loro ammontare”.

Nel caso di specie la Corte ha considerato come
tassabile (in capo al socio) la rinuncia ad un credito relativo al trattamento
di fine mandato da parte dei soci amministratori.

La Cassazione
ha infatti contestato, richiamando i principi espressi anche dalla recente sentenza
n. 26842 del 18/12/2014 della stessa Corte, l’orientamento espresso nelle precedenti pronunce dai
giudici di merito i quali avevano ritenuto non imponibile detta rinuncia in
virtù delle disposizioni contenute nell’articolo 55 del TUIR il quale non
considera tassabili le rinunce ai crediti da parte dei soci.

Tale lettura
è stata valutata come erronea da parte della Cassazione che ha dunque
evidenziato come la non imponibilità faccia riferimento esclusivamente alla società
per la quale la rinuncia del credito non costituisce sopravvenienza attiva
tassabile (non transita per conto economico ma si traduce in un movimento verso
il patrimonio netto) mentre non vale ad alterare il regime fiscale – in capo
ai soci – di ciò che costituisce oggetto di rinuncia.

Secondo gli “Ermellini” infatti la norma agevolativa va
letta in correlazione con l’art. 94 comma 6 e l’art. 101, comma 7 del TUIR, per
effetto dei quali l’ammontare relativo al credito oggetto di rinuncia si
aggiunge al costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione detenuta nella
Società debitrice e non è ammesso in deduzione in capo al socio. Ciò che ha
portato a chiarire, nella prassi, che “l’intassabilità
della rinuncia ai crediti da parte dei soci si giustifica, in via sistematica,
in virtù della cointeressenza del socio-creditore, alle vicende della società
partecipata. La patrimonializzazione di quest’ultima si riflette, infatti,
nell’attivo della partecipante attraverso un corrispondente aumento del costo
della partecipazione
” (così risoluzione dell’Agenzia delle Entrate
152/2002 che richiama le precisazioni già contenute nella precedente
risoluzione del 5.4.2001 n. 41/E).

La rinuncia al credito da parte del socio costituisce,
quindi, una prestazione che viene ad aumentare il patrimonio della società e
può comportare anche l’aumento del valore delle sue quote sociali.

In tale contesto la Corte ha dunque ritenuto corretto
sostenere che la rinuncia del credito da parte di un socio sia espressione
della volontà di patrimonializzare la società e che, pertanto, non possa essere
equiparata alla remissione di un debito da parte di un soggetto estraneo alla
compagine sociale.

In altri
termini, la rinuncia presuppone, il conseguimento del credito il cui importo,
anche se non materialmente incassato, viene comunque “utilizzato”,
sia pure con atto di disposizione avente natura di rinuncia.

Da ciò ne consegue quindi che, in caso di compensi di
lavoro autonomo spettanti al socio, la rinuncia operata dal socio medesimo
presuppone logicamente la maturazione ed il conseguimento del credito vantato,
con ineludibile soggezione al regime fiscale conseguente, in capo al socio creditore.

Alberto
Simonetti
Dottore Commercialista – Studio EPICA – Treviso



Legge di Stabilità. Modifiche alla tassazione immobiliare locale.

NEWS Posted on Sat, January 23, 2016 18:52:41

POST 71

La Legge di
Stabilità 2016 (L. 28.12.2015 n. 208) ha apportato modifiche alla tassazione locale
relativa agli immobili.

Riassumiamo le novità più rilevanti nella scheda allegata.

Omar Tavella
Dottore Commercialista – Studio Epica – Mestre



Compenso amministratore: deducibilità certa nell’esercizio solo con delibera dell’assemblea.

NEWS Posted on Thu, January 21, 2016 09:25:41

POST 70

La Corte di Cassazione si è recentemente espressa sul
caso della deduzione del compenso amministratore in assenza di una specifica
delibera preventiva dell’assemblea dei soci e, nello specifico, nell’ipotesi di
compensi erogati agli amministratori nel corso dell’esercizio e ratificate
negli importi solo in sede di approvazione del bilancio.

La sentenza si muove su due fronti.

Dal punto di vista giuridico la Cassazione disconosce
la pratica, assai purtroppo frequente, di erogare compensi agli amministratori
in base a decisioni assunte in modo informale e/o verbale, ratificando in un
secondo momento, solitamente in sede di approvazione del bilancio, la decisione
assunta.

La Cassazione evidenzia che la decisione
dell’assemblea dei soci avente ad oggetto il compenso spettante
all’amministratore deve avvenire con deliberazione assembleare che
espressamente delibera sul tema del compenso, secondo quanto precisamente
previsto dal codice civile e che, pertanto, il mancato rispetto di tali regole
comporta l’invalidità degli atti posti in essere dagli organi sociali.

In assenza di una specifica delibera dei soci, si
assiste ad una sorta di autodeterminazione del compenso da parte degli
amministratori, atto nullo che non può essere convalidato.

Dal punto di vista fiscale, la mancanza della
deliberazione non comporta una automatica violazione.

La Cassazione evidenzia che in mancanza di una
delibera assembleare che determini prima della chiusura dell’esercizio in modo
certo ed oggettivo l’ammontare dovuto all’amministratore per la prestazione
resa, lasciando all’assemblea che approva il bilancio la ratifica del compenso
ad esso settante, la deduzione dal reddito del relativo costo potrà avvenire
solo nel successivo esercizio, ovverosia, solo nel momento in cui l’ammontare
dovuto sia reso certo e determinato da una delibera assembleare.

La recente sentenza della Cassazione, rivede quindi
le tesi in merito alla deducibilità del compenso amministratore in quanto
sostiene che l’assenza della delibera non comporta l’indeducibilità del costo,
ma rinvia la deduzione all’esercizio in cui il compenso viene deliberato
dall’assemblea dei soci
.

Ricordiamo che il Testo unico delle imposte sui
redditi
prevede in via generale che per la deducibilità del compenso in
capo alla società, è necessario che il pagamento avvenga nel corso dell’esercizio.

Nello specifico, nel caso di amministratore che
consegue un reddito assimilato a quello di lavoro dipendente (compenso erogato
tramite cedolino), l’Amministrazione finanziaria consente la deduzione della
somma nell’anno di riferimento solo se il pagamento avviene entro il 12 gennaio
dell’anno successivo (principio di cassa allargato).

Nel caso in cui l’amministratore svolga invece
l’attività in ambito professionale, il diritto alla detrazione del compenso
spetta alla società nell’anno in cui il compenso verrà pagato.

Pertanto, sembra di poter concludere che per poter
dedurre il costo del compenso erogato all’amministratore, non sia sufficiente
la mera erogazione della somma, ma si debba avere la certezza che quanto pagato
corrisponda alla volontà espressa dall’assemblea dei soci
.

Risulta
quindi evidente quanto sia importante deliberare nel corso dell’esercizio con
specifica decisione dell’assemblea dei soci l’ammontare del compenso spettante
all’amministratore al fine di non incorrere in situazioni che comportano l’impossibilità
di dedurre il costo sostenuto
.

Chiara Curti
Dottore Commercialista
– Studio Epica – Treviso



NEWSLETTER 1/2016

NEWS Posted on Sun, January 17, 2016 23:54:48

In allegato la nostra Newsletter 1/2016 che raccoglie i principali post pubblicati nel blog nel mese di dicembre 2015.

Studio Epica



Nuove soglie di punibilità dei reati tributari. Applicazione del principio del “favor rei”

NEWS Posted on Sat, January 16, 2016 11:25:31

POST 68

La Corte di Cassazione, nella sentenza 13.1.2016 n. 891, ha sottolineato come le nuove soglie di punibilità previste dalla “revisione” del diritto penale tributario, ex DLgs. 158/2015, assumano rilevanza anche per le condotte precedenti (in base principio del c.d. “favor rei”).

In particolare, il non raggiungimento della nuova soglia fa venire meno un elemento costitutivo del reato imponendosi l’annullamento della precedente sentenza senza rinvio e con la formula “perché il fatto non sussiste”; formula che esclude ogni possibile rilevanza anche in sede diversa da quella penale.

La decisione interessa tutti coloro che in passato hanno commesso violazioni costituenti delitto tributario che, per effetto delle nuove soglie, non sono più tali.

In particolare, la Corte osserva che:

– se le violazioni (passate e ora non più tali) non sono state ancora denunciate, coloro che dovessero accertarle dovrebbero astenersi dalla segnalazione al PM;

– nel caso in cui la violazione sia stata già segnalata alla Procura, il PM dovrebbe richiedere l’archiviazione perché il fatto non sussiste (è opportuno in queste ipotesi valutare la presentazione di una memoria da parte della difesa al fine di sollecitare l’archiviazione);

– in caso di dibattimento in corso, il difensore dovrà evidenziare che, in base alle nuove norme, il fatto contestato non è più previsto come reato (tale circostanza, peraltro, dovrebbe essere rilevata direttamente dal giudice);

– in caso di condanna con sentenza definitiva, infine, la difesa potrà, ex art. 673 c.p.p., presentare al giudice dell’esecuzione una richiesta di revoca della sentenza per abolizione del reato.

Tommaso Talluto
Avvocato – Studio Epica – Treviso



Nuove aliquote Iva ed Ires a partire dal 2017.

NEWS Posted on Thu, January 14, 2016 10:33:52

POST 67

La legge di stabilità prevede alcune future modifiche alla attuali aliquote Iva ed
Ires.

IVA:

– l’aliquota iva del 10 per cento verrà aumentata al 13 per cento a
decorrere dal 2017;

– l’aliquota iva del 22 per cento verrà aumentata al 24 per cento a
decorrere dal 2017 ed al 25 per cento nel 2018;

IRES:

– l’aliquota Ires del 27,5 per cento
verrà ridotta al 24 per cento a partire dal 1 gennaio 2017.

Chiara Curti
Dottore Commercialista – Studio
Epica – Treviso



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