POST 70

La Corte di Cassazione si è recentemente espressa sul
caso della deduzione del compenso amministratore in assenza di una specifica
delibera preventiva dell’assemblea dei soci e, nello specifico, nell’ipotesi di
compensi erogati agli amministratori nel corso dell’esercizio e ratificate
negli importi solo in sede di approvazione del bilancio.

La sentenza si muove su due fronti.

Dal punto di vista giuridico la Cassazione disconosce
la pratica, assai purtroppo frequente, di erogare compensi agli amministratori
in base a decisioni assunte in modo informale e/o verbale, ratificando in un
secondo momento, solitamente in sede di approvazione del bilancio, la decisione
assunta.

La Cassazione evidenzia che la decisione
dell’assemblea dei soci avente ad oggetto il compenso spettante
all’amministratore deve avvenire con deliberazione assembleare che
espressamente delibera sul tema del compenso, secondo quanto precisamente
previsto dal codice civile e che, pertanto, il mancato rispetto di tali regole
comporta l’invalidità degli atti posti in essere dagli organi sociali.

In assenza di una specifica delibera dei soci, si
assiste ad una sorta di autodeterminazione del compenso da parte degli
amministratori, atto nullo che non può essere convalidato.

Dal punto di vista fiscale, la mancanza della
deliberazione non comporta una automatica violazione.

La Cassazione evidenzia che in mancanza di una
delibera assembleare che determini prima della chiusura dell’esercizio in modo
certo ed oggettivo l’ammontare dovuto all’amministratore per la prestazione
resa, lasciando all’assemblea che approva il bilancio la ratifica del compenso
ad esso settante, la deduzione dal reddito del relativo costo potrà avvenire
solo nel successivo esercizio, ovverosia, solo nel momento in cui l’ammontare
dovuto sia reso certo e determinato da una delibera assembleare.

La recente sentenza della Cassazione, rivede quindi
le tesi in merito alla deducibilità del compenso amministratore in quanto
sostiene che l’assenza della delibera non comporta l’indeducibilità del costo,
ma rinvia la deduzione all’esercizio in cui il compenso viene deliberato
dall’assemblea dei soci
.

Ricordiamo che il Testo unico delle imposte sui
redditi
prevede in via generale che per la deducibilità del compenso in
capo alla società, è necessario che il pagamento avvenga nel corso dell’esercizio.

Nello specifico, nel caso di amministratore che
consegue un reddito assimilato a quello di lavoro dipendente (compenso erogato
tramite cedolino), l’Amministrazione finanziaria consente la deduzione della
somma nell’anno di riferimento solo se il pagamento avviene entro il 12 gennaio
dell’anno successivo (principio di cassa allargato).

Nel caso in cui l’amministratore svolga invece
l’attività in ambito professionale, il diritto alla detrazione del compenso
spetta alla società nell’anno in cui il compenso verrà pagato.

Pertanto, sembra di poter concludere che per poter
dedurre il costo del compenso erogato all’amministratore, non sia sufficiente
la mera erogazione della somma, ma si debba avere la certezza che quanto pagato
corrisponda alla volontà espressa dall’assemblea dei soci
.

Risulta
quindi evidente quanto sia importante deliberare nel corso dell’esercizio con
specifica decisione dell’assemblea dei soci l’ammontare del compenso spettante
all’amministratore al fine di non incorrere in situazioni che comportano l’impossibilità
di dedurre il costo sostenuto
.

Chiara Curti
Dottore Commercialista
– Studio Epica – Treviso