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EPICANEWS

BLOG INFORMATIVO DELLO STUDIO EPICA

Aggiornamenti e notizie in materia aziendale, fiscale, contrattuale e societaria

Crisi d’impresa: novità del decreto correttivo-ter. 

Uncategorised Posted on Thu, October 03, 2024 12:47:55

POST 58/2024

Il decreto correttivo-ter (D.Lgs. 136/2024) del Codice della crisi d’impresa, pubblicato il 27/09/2024 nella Gazzetta Ufficiale, introduce numerose modifiche al Codice della crisi d’impresa.

Ambito di applicazione e definizioni  

Il decreto interviene sull’art. 2 CCII, chiarendo la definizione di “consumatore” e specificando che solo i debiti personali e non professionali possono essere ristrutturati con il piano del consumatore. La figura del “professionista indipendente” viene ridefinita, eliminando ambiguità sulla sua indipendenza.

Composizione negoziata della crisi  

Viene chiarito che l’accesso è possibile anche in condizioni di “squilibrio patrimoniale o economico-finanziario”.

Sono rafforzate le misure protettive, che possono essere applicate in modo selettivo verso determinati creditori o categorie di creditori.

Sono modificati i criteri per la scelta e la remunerazione dell’esperto.

Viene chiarito che l’accesso alla composizione negoziata non implica di per sé una diversa classificazione del credito e l’eventuale decisione di sospensione o revoca delle linee di credito deve essere specificamente motivata da parte delle banche.

La novità più importante si rinviene all’art. 23: è possibile, per l’imprenditore, concludere un accordo transattivo con le Agenzie fiscali che prevede il pagamento, parziale o dilazionato, del debito e dei relativi accessori.

Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio  

Il correttivo modifica l’art. 25-sexies del CCII, confermando che il concordato semplificato può prevedere una parziale soddisfazione dei creditori con privilegio, pegno o ipoteca.

Segnalazioni per l’emersione anticipata della crisi  

L’art. 25-octies del CCII introduce obblighi di segnalazione anche per i revisori legali, ampliando così la rete di controllo per una tempestiva emersione della crisi. La segnalazione deve avvenire entro 60 giorni dalla conoscenza della crisi, con responsabilità attenuate per i sindaci che agiscono tempestivamente.

Cessazione dell’attività del debitore  

Viene estesa anche alla liquidazione controllata la regola che consente l’apertura della procedura entro un anno dalla cessazione dell’attività.

Accordi in esecuzione di piani attestati di risanamento  

Viene modificato l’art. 56 del CCII per uniformare il linguaggio e chiarire meglio i soggetti coinvolti negli accordi di risanamento.

Accordi di ristrutturazione, convenzione di moratoria e crediti tributari e contributivi  

L’art. 63 del CCII è riscritto per chiarire il procedimento di transazione su crediti tributari e contributivi. Viene introdotta una disciplina dettagliata per evitare abusi nella transazione, con criteri specifici per il cram-down fiscale.

Piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione

L’art. 64-bis del CCII viene modificato per agevolare la ristrutturazione delle imprese con continuità aziendale. Viene eliminato il richiamo alle proposte concorrenti, limitando l’uso del P.R.O. al solo debitore.

Ristrutturazione dei debiti del consumatore  

L’art. 67 del CCII viene emendato terminologicamente per meglio specificare gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione.

Finalità e contenuti del concordato preventivo  

Viene inserita la previsione di fondi rischi per i finanziamenti garantiti da misure pubbliche, e definito il valore della liquidazione come criterio per il concordato preventivo.

Organi e amministrazione  

Il commissario giudiziale viene rafforzato nel suo ruolo di supporto al debitore e ai creditori durante le trattative di modifica del piano di risanamento.

Effetti della domanda di concordato preventivo  

L’art. 94 del CCII viene modificato per prevedere la possibilità di identificare l’acquirente dell’azienda già nella proposta di concordato.

Voto nel concordato preventivo

Si privilegia il piano in continuità aziendale in caso di più proposte approvate dai creditori, selezionando quella con il maggior consenso tra i creditori chirografari.

Omologazione del concordato preventivo  

L’omologazione viene semplificata per facilitare il cram-down in caso di mancato accordo con i creditori pubblici, purché il trattamento non sia peggiorativo rispetto alla liquidazione giudiziale.

Effetti della liquidazione giudiziale sui rapporti giuridici pendenti  

L’art. 189 del CCII viene riscritto per garantire che la prosecuzione dei rapporti di lavoro subordinato nella liquidazione giudiziale tenga conto delle peculiarità dell’impresa insolvente.

Concordato nella liquidazione giudiziale  

L’art. 240 del CCII viene semplificato per rendere più agevole la proposta di concordato nella liquidazione giudiziale, con la possibilità di presentare più proposte e utilizzare il cram-down anche per i creditori pubblici.

Liquidazione controllata del sovraindebitato  

Il correttivo chiarisce le condizioni per la liquidazione controllata, specificando l’assenza di attivo come criterio per evitarne l’apertura inutile.

Esdebitazione  

Gli articoli sull’esdebitazione vengono modificati per adattarli alla liquidazione giudiziale e controllata.

Regolazione della crisi o insolvenza del gruppo  

L’art. 284-bis del CCII disciplina la transazione su crediti tributari e contributivi per le imprese di gruppo, consentendo proposte unitarie.

Procedura unitaria di liquidazione giudiziale  

Viene introdotta la possibilità di separare le procedure di liquidazione giudiziale per conflitti di interesse tra le imprese del gruppo.

Elenco dei soggetti incaricati dall’autorità giudiziaria  

L’art. 356 del CCII viene modificato per ridefinire l’elenco dei soggetti incaricati dall’autorità giudiziaria, con requisiti di esperienza semplificati e aggiornamento professionale ridotto.

Damiano Casadei

Studio EPICA – Treviso



Composizione negoziata della crisi con falcidia anche per l’IVA  

Uncategorised Posted on Thu, October 03, 2024 12:47:01

POST 57/2024

Il recente terzo decreto correttivo del Codice della crisi d’impresa introduce un’importante novità: anche l’IVA potrà essere ridotta o dilazionata nei piani di composizione negoziata della crisi. Questo strumento, che mira a supportare le imprese in difficoltà finanziaria, permette infatti di trattare con le agenzie fiscali per ridurre e posticipare il pagamento dei debiti fiscali, inclusi quelli relativi all’IVA, equiparandola così agli altri tributi.

Inizialmente, vi era stata confusione circa l’inclusione dell’IVA tra i tributi considerati “risorse proprie dell’Unione Europea”, che non possono essere oggetto di riduzione. Tuttavia, sulla base della decisione UE – Euratom 2020/2053 del Consiglio dell’UE del 14/12/2020, l’IVA non è da considerare una risorsa propria dell’UE (se non per il solo 0,30%) e se il legislatore avesse voluto escludere la possibilità di falcidiare l’IVA, lo avrebbe stabilito con poche semplici parole.

Questo è stato confermato anche nella relazione illustrativa del decreto, che ha definitivamente chiarito ogni dubbio: l’IVA non è esclusa dalla possibilità di riduzione o dilazione. È da sottolineare che tale possibilità si applica solo alle composizioni negoziate avviate dopo l’entrata in vigore del decreto.

Damiano Casadei

Studio EPICA – Treviso



Concordato preventivo biennale e contributi previdenziali dei professionisti

Uncategorised Posted on Mon, September 30, 2024 19:05:29

POST 56/2024

Il decreto istitutivo del Concordato preventivo biennale (D.Lgs. 13/2024) introduce un meccanismo per cui i redditi effettivi, durante il periodo di vigenza del concordato, non rilevano ai fini della determinazione dei contributi previdenziali obbligatori,oltre che ai fini tributari. Tuttavia, i contribuenti possono scegliere di versare comunque i contributi in base ai redditi effettivi se questi risultano superiori a quelli concordati.

L’Adepp, che rappresenta 18 Casse previdenziali private (tra cui la Cassa Forense, la Cassa Dottori Commercialisti, Inarcassa e la Cassa del Notariato), si oppone fermamente a queste disposizioni. Secondo l’associazione, il Concordato preventivo “non produce alcun effetto in ordine agli obblighi contributivi cui sono assoggettati i propri iscritti” in quanto tale norma violerebbe l’autonomia gestionale, organizzativa e contabile garantita dal D.Lgs. 509/1994, che impone alle Casse di mantenere l’equilibrio economico-finanziario a lungo termine. In particolare, le Casse rivendicano il diritto di determinare autonomamente i contributi previdenziali, senza subire l’imposizione di norme fiscali che, di fatto, comprometterebbero la loro capacità di gestire le risorse.

Questo tema non è nuovo: una disposizione analoga era presente nella precedente versione del concordato preventivo biennale, contenuta nell’articolo 33 del D.L. 269/2003. In quel caso, la Corte di Cassazione ha stabilito che il reddito concordato con l’Agenzia delle Entrate per il calcolo delle imposte non potesse essere utilizzato per determinare i contributi previdenziali dovuti dai professionisti, in quanto il concordato riguarda(va) esclusivamente l’obbligazione tributaria e non quella previdenziale.

È quindi probabile che, pur riconoscendo la possibilità per ogni singola Cassa di adottare decisioni autonome, eventuali controversie legali seguano l’orientamento giurisprudenziale già consolidato, che tutela l’autonomia delle Casse previdenziali e la loro capacità di gestire i contributi in base alle regole previste dalla normativa previdenziale.

Damiano Casadei

Studio EPICA – Treviso



Detrazione dei crediti per imposte pagate all’estero anche con omessa dichiarazione

Uncategorised Posted on Mon, September 23, 2024 19:26:46

POST 55/2024

La recente sentenza n. 24160/2024 della Corte di Cassazione ha introdotto un importante chiarimento in materia di detrazione dei crediti per le imposte pagate all’estero. Secondo il principio stabilito dalla Corte, il contribuente ha diritto a usufruire dei crediti per imposte estere anche in assenza di una dichiarazione dei redditi valida, modificando la rigida interpretazione fino ad ora seguita dall’Agenzia delle Entrate.

In base all’articolo 165, comma 8, del TUIR, il contribuente non può beneficiare del credito d’imposta se non ha presentato la dichiarazione dei redditi o se ha omesso di indicare i redditi prodotti all’estero. Tuttavia, tale disposizione è da tempo in contrasto con le norme delle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni. In particolare, l’articolo 23B del Modello OCSE stabilisce che il credito d’imposta deve essere riconosciuto indipendentemente dall’adempimento di formalità, purché le imposte estere siano definitive e non eccedano la quota di imposta dovuta in Italia.

La Corte di Cassazione ha ribadito che l’Italia, essendo vincolata dalle Convenzioni internazionali, non può applicare norme nazionali più restrittive. Il principio di prevalenza delle norme internazionali è infatti sancito dall’articolo 117 della Costituzione.

Il pronunciamento della Corte rappresenta una svolta nel trattamento dei crediti d’imposta esteri. Fino ad oggi, alcuni uffici dell’Agenzia delle Entrate avevano interpretato in maniera restrittiva l’articolo 165, subordinando il diritto al credito al rispetto di obblighi formali come la presentazione della dichiarazione. Questo approccio ha generato numerose controversie, con sentenze a volte divergenti.

La decisione della Cassazione, invece, allinea la normativa nazionale agli standard internazionali, riconoscendo che il contribuente ha diritto a vedersi riconosciuto il credito per le imposte pagate all’estero anche in assenza di dichiarazione, confermando che, in caso di conflitto tra normativa nazionale e internazionale, devono prevalere quelle più favorevoli al contribuente, come previsto dall’articolo 169 del TUIR.

Damiano Casadei

Studio EPICA – Treviso



Cassazione: le sanzioni tributarie della società estinta ricadono sui soci.

Uncategorised Posted on Mon, September 16, 2024 11:42:16

POST 54/2024

Cambio di rotta della Corte di Cassazione che con la pronuncia n. 23341 dello scorso 29 agosto 2024 ha enunciato il principio di diritto secondo cui “l’estinzione della società di capitali conseguente alla cancellazione dal registro delle imprese integra un fenomeno successorio  connotato da caratteristiche sui generis, connesse al regime di responsabilità dei soci per i debiti sociali nelle differenti tipologie di società con la conseguenza che i soci sono chiamati a rispondere anche per il pagamento delle sanzioni tributarie nei limiti di quanto riscosso in sede di liquidazione

A differenza di altre precedenti prese di posizione della Suprema Corte (cfr. Cass. 9 agosto 2023 n. 24316, Cass. 20 ottobre 2021 n. 29112 e Cass. 7 aprile 2017 n. 9094) dove veniva considerato applicabile anche ai soci delle società estinte il principio contenuto nell’articolo 8 Dlgs 472/97 per il quale le sanzioni non sono trasmissibili agli eredi, secondo gli Ermellini in tema di “successione” di una società detto principio non sarebbe applicabile per analogia trattandosi di una fattispecie differente.

In questo caso, infatti, il fenomeno successorio “regolato nell’articolo 2495 comma 3 c.c. presenta, quindi, una contiguità di tipo linguistico e descrittivo più che di tipo sostanziale rispetto alla disciplina delle successioni regolate nel secondo libro del Codice civile. Di conseguenza non può trovare applicazione l’articolo 8 del Dlgs. 472/1977 non essendoci nessun margine per qualificare l’estinzione della società alla morte di una persona fisica”.

In virtù di questo nuovo orientamento espresso dalle Cassazione non resta che attendere le future pronunce della Suprema Corte per conoscere quale prevarrà, salvo, vista anche la delicatezza del tema, non intervengano preventivamente le Sezioni Unite.

Alberto Simonetti

Dottore Commercialista – Studio EPICA Treviso e Udine



Rimborsabile l’imposta estera sui dividendi con istanza all’Agenzia delle Entrate

Uncategorised Posted on Mon, September 16, 2024 11:39:06

POST 53/2024

La sentenza della Cassazione n. 10204/2024 ha confermato un orientamento emerso con la sentenza “pilota” n. 25698/2022, affermando il diritto dei contribuenti italiani allo scomputo dell’imposta estera anche quando i dividendi sono tassati in Italia in capo alle persone fisiche con ritenuta a titolo d’imposta o imposta sostitutiva, senza concorrere alla formazione del reddito complessivo.

Secondo la Suprema Corte, il credito d’imposta va riconosciuto se sono presenti determinati presupposti: i dividendi devono essere percepiti da un residente italiano, soggetti a imposizione in entrambi gli Stati secondo le convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia (art. 10, §§ 1 e 2 delle convenzioni conformi al modello OCSE), e inclusi nella base imponibile di una delle imposte coperte dalla convenzione, anche se non necessariamente nell’IRPEF.

In particolare, la Cassazione ha chiarito che l’imposta estera può essere detratta solo qualora il reddito sia assoggettato a ritenuta in modo obbligatorio (non, quindi, “su richiesta del beneficiario”). Questo riguarda la maggior parte delle convenzioni firmate dall’Italia con Stati come Francia, Germania, Svizzera, Regno Unito e Stati Uniti.

Alle stesse conclusioni si giunge se il dividendo sconta l’imposta sostitutiva, in quanto riscosso su un conto estero o comunque senza un prelievo italiano in entrata.

Per i contribuenti che non hanno richiesto la detrazione dell’imposta estera in passato, è possibile presentare un’istanza di rimborso ai sensi dell’art. 38 del DPR 602/73 entro 48 mesi dalla data del versamento, coprendo così tutti i versamenti effettuati nel quadriennio 2021-2024. Per i dividendi tassati con imposta sostitutiva, il soggetto legittimato alla richiesta di rimborso è il contribuente che ha effettuato il versamento. Nel caso di dividendi soggetti a ritenuta a titolo d’imposta, sia il contribuente sia l’intermediario finanziario (banca o società fiduciaria) possono presentare l’istanza.

Il rimborso ottenibile ammonta, nello scenario più lineare in cui l’utile è stato tassato in Italia su una base imponibili rappresentata dal “netto frontiera”, all’11,1% del dividendo lordo tassato in Italia.

Rimane il dubbio sul corretto comportamento da adottare nelle dichiarazioni REDDITI 2024 per i contribuenti che intendono detrarre direttamente l’imposta estera, in assenza di specifici campi dedicati nel quadro RM. Forzare il contenuto potrebbe esporre i contribuenti a sanzioni, senza comunque evitare una probabile fase contenziosa.

Damiano Casadei

Studio EPICA – Treviso



Rivalutazione in contabilità semplificata senza effetto sul costo fiscale della partecipazione

Uncategorised Posted on Thu, September 05, 2024 18:31:54

POST 52/2024

L’Agenzia delle Entrate, nella risposta all’interpello n. 178/2024, ha chiarito che la rivalutazione dei beni d’impresa da parte di una società di persone in regime di contabilità semplificata non incide sul costo fiscale delle partecipazioni detenute dai soci, neanche se la società, in un secondo momento, adotta la contabilità ordinaria. Questo è stato precisato in relazione a una società immobiliare che aveva rivalutato i propri beni nel 2008 senza iscrivere alcuna riserva, a causa del regime contabile semplificato. La società, successivamente, è passata al regime ordinario e si è posta la questione se tale passaggio potesse comportare un incremento del costo fiscale delle partecipazioni dei soci.

Secondo l’Agenzia delle Entrate, la mancata iscrizione della riserva di rivalutazione durante il regime semplificato implica che, anche dopo il passaggio alla contabilità ordinaria, l’iscrizione della riserva nel patrimonio netto non può comportare un aumento del costo fiscale delle partecipazioni. L’incremento del costo fiscale si verifica solo quando vi è un affrancamento della riserva, possibile solo per le società in contabilità ordinaria, che comporta il pagamento di un’imposta sostitutiva del 10%. In mancanza di affrancamento, la riserva rimane in sospensione d’imposta e, se distribuita, concorre alla formazione del reddito d’impresa, venendo imputata direttamente ai soci.

Per le società in regime semplificato, il passaggio successivo alla contabilità ordinaria comporta l’iscrizione di una riserva di utili non in sospensione d’imposta, e quindi non utilizzabile per incrementare il costo delle partecipazioni.

Damiano Casadei

Studio EPICA – Treviso



Cassazione: legittima la detrazione IVA per le spese sostenute dalla NewCo nelle operazioni di MLBO.

Uncategorised Posted on Wed, August 28, 2024 19:50:34

POST 51/2024

Con la sentenza nr. 22608/2024 dello scorso 9 agosto 2024 la Corte di Cassazione ha espressamente ammesso che i costi sostenuti dalla NewCo sono detraibili ai fini dell’IVA se relativi ad una vera e propria attività economica e strumentale all’acquisizione della Target.

Ma andiamo con ordine.

I fatti trattati nella sentenza ripercorrono una operazione di MLBO che ha riguardato l’ingresso di nuovi azionisti in un primario gruppo industriale attraverso la costituzione di una NewCo la quale, anche per mezzo di indebitamento bancario, aveva acquistato la Target per poi procedere ad una fusione inversa della NewCo nella Target operativa.

Per quanto attiene le spese legate all’operazione di acquisizione della Target la NewCo non aveva proceduto direttamente alla detrazione dell’IVA che invece era stata richiesta successivamente a rimborso dalla Target a seguito della fusione inversa.

Avverso il diniego dell’istanza di rimborso era stato quindi proposto ricorso da parte della società operativa Target arrivato, con alterne vicende, fino all’ultimo grado di giudizio.

Nella sentenza in commento la Cassazione contesta la posizione assunta dalla CTR della Lombardia secondo la quale la NewCo dovrebbe considerarsi quale holding statica; quindi, soggetto non passivo dell’IVA e come tale non ammessa alla detrazione dell’imposta.

Secondo gli Ermellini, infatti, nella logica dell’operazione di MLBO l’Iva sui costi sostenuti dalla società veicolo preordinati all’operazione di fusione può essere detratta dalla Target qualora questa sia un soggetto passivo Iva che beneficia del diritto alla detrazione.

La NewCo avrebbe peraltro natura differente dalla mera holding statica poiché la stessa “non nasce, infatti, a meri fini di detenzione di partecipazioni, connotandosi, piuttosto, come strumento finalizzato ad attingere le risorse indispensabili all’acquisizione della società target, allo scopo precipuo di gestirne in via diretta l’azienda e di implementarne la struttura economico-finanziaria, in seguito al perfezionarsi di una già preordinata fusione. In questo contesto, ai fini IVA l’acquisizione della società target s’atteggia ad attività preparatoria dell’attività economica che in esito all’acquisizione della società bersaglio verrà esercitata. Il sostenimento di per sé, da parte della società veicolo, di spese di investimento orientate all’acquisizione delle partecipazioni azionarie fa di detto ente un soggetto passivo, ancorché i beni e servizi acquistati non siano immediatamente utilizzati per lo svolgimento di tale attività economica, ma siano prodromici al suo concreto avvio.

Infine, per quanto la NewCo non presenti operazioni attive tale aspetto non rileva, sul punto la giurisprudenza della Corte di Cassazione è infatti costante nel concedere la detrazione anche per le attività meramente preparatorie.

Alberto Simonetti

Dottore Commercialista – Studio EPICA Treviso e Udine



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