POST 186/2022

Il Consiglio europeo ha approvato, il 28 novembre scorso, in via definitiva la direttiva sul reporting di sostenibilità delle imprese (CSRD, Corporate Sustainability Reporting Directive), che impone alle società di rendere pubblici i dati sul loro impatto ambientale, sociale e di governance, nota anche come comunicazione in materia di ESG (Environmental Social Governance).

La nuova direttiva, infatti, amplia e approfondisce la precedente normativa sulla rendicontazione non finanziaria (NFRD) del 2014 e rafforza le norme esistenti sul reporting di sostenibilità che non risultavano più adeguate alla transizione dell’UE verso un sistema economico e finanziario pienamente sostenibile e inclusivo, in linea con il Green Deal Europeo e gli Obbiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni unite (SDGs).

La principali novità che la CSRD introduce riguardano:

  • Estensione degli obblighi di rendicontazione sulla sostenibilità a tutte le imprese di grandi dimensione e a tutte le società quotate nei mercati regolamentati dell’UE (eccettuate le microimprese). Gli obblighi scatteranno a partire dall’esercizio finanziario 2024 per le aziende di grandi dimensioni che già applicano la NFRD; dal 2025 per le imprese che superano due dei seguenti parametri: 250 dipendenti e/o 40 milioni di fatturato e/o 20 milioni di attivo; dal 2026 (con opzione di non aderire fino al 2028) per tutte le PMI quotate. Restano escluse le microimprese.
  • Ampliamento delle informazioni da rendicontare in tema di ESG e di doppia materialità, e cioè informazioni sugli impatti generati dalle attività aziendali sui fattori ESG ma anche informazioni sugli impatti dei fattori ESG sulle performance economiche e finanziarie dell’impresa.
  • Uniformità degli standard di rendicontazione in tema di sostenibilità secondo i principi in corso di elaborazione da parte dell’EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group).

Non deve trarre in inganno il fatto che le PMI non quotate non rientrano direttamente nel campo di applicazione della CSRD, poiché l’UE è pronta ad adottare ulteriori misure al fine di promuovere un comportamento sostenibile e responsabile da parte delle imprese. Infatti, come è specificato nella proposta di Direttiva sulla Corporate Sustainability Due Diligence, il legislatore europeo sta operando per definire un sistema volto a monitorare, prevenire e mitigare gli impatti negativi sull’ambiente, sui diritti umani e sulle condizioni di lavoro derivanti dalle attività delle imprese lungo tutta la “catena del valore”. Saranno cioè oggetto di attenzione le operazioni delle società stesse, quelle con le loro controllate e collegate nonché quelle con l’intera filiera dei partner commerciali a valle e a monte (fornitori, distributori, rivenditori, ecc.). Qualora questi ultimi non siano in condizione di garantire un adeguato monitoraggio e la prevenzione dei rischi di violazione delle norme previste dalla Direttiva, l’impresa dovrà astenersi dal proseguire relazioni commerciali con essi.

Le PMI, pertanto, pur non essendo direttamente soggette all’applicazione delle norme delle Direttiva potrebbero esserne interessate, nell’immediato futuro, in quanto parte della filiera produttiva delle grandi imprese a cui la norme sono rivolte.

Andrea Boschi

Dottore Commercialista – Studio Epica – Treviso