POST 108/2021

Con la sentenza n. 4710/2021, la Suprema Corte esclude la prededuzione del professionista per il credito sorto in occasione dello studio e predisposizione di un piano di concordato rinunciato prima dell’ammissione, sul solco della precedente decisione (nr. 639/2021) che nega la funzionalità della prestazione professionale qualora la procedura non venga ammessa.

Viene così anticipato l’effetto di quanto previsto dall’art. 6, lett. c) e d) del Codice della Crisi che subordina detta prededuzione all’ammissione della procedura minore.

In un momento storico in cui la sorte di molte realtà imprenditoriali è legata a colori più che a dati numerici e a capacità manageriali, la ricerca della soluzione meno dolorosa per sfuggire al fallimento trova ora un ostacolo di non poco conto.

Invero, il rischio per il professionista di non vedersi riconosciuta la prededuzione per l’attività svolta nella ricerca, studio e predisposizione del piano concordatario che poi non dovesse essere ammesso per i più disparati motivi, reca in seno due serie problematiche: i) maggiori difficoltà per l’imprenditore a trovare professionisti disposti a correre tale rischio; ii) impiego di disponibilità immediate anche solo per avviare uno studio di fattibilità dell’operazione di soluzione della crisi.

Infatti, il professionista che dovesse accettare l’incarico è portato a farsi pagare il compenso il prima possibile onde potersi avvalere dell’esenzione da revocatoria ex art. 67, ancor prima di terminare il proprio incarico.

Tale posizione farà di certo discutere in quanto crea un notevole divario di trattamento tra il professionista che chiede immediatamente il pagamento del proprio compenso e il professionista che decide di attendere a chiederlo stante la già nota difficoltà economica del cliente.

La questione è ora alle Sezioni Unite al fine di decidere se tornare all’interpretazione storica, o consolidare il nuovo orientamento. 

Marco Bolognesi

Dottore Commercialista – Studio EPICA – Mestre Venezia