POST 71/2021

L’utilizzo della riserva di rivalutazione civilistica a chiusura del credito per prelevamento c/titolare dell’impresa individuale è fiscalmente rilevante e quindi tassato in capo al titolare stesso.È questo in sintesi il principio espresso dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 3440 depositata lo scorso 11 febbraio 2021.

La pronuncia arriva in un momento particolarmente “caldo” come quello della rivalutazione dei beni di impresa previsto dall’articolo 110 del cd. Decreto agosto che consente la rivalutazione sia civilistica che fiscale di beni aziendali materiali e immateriali.

Per la rivalutazione civilistica il vantaggio consiste nel poter patrimonializzare l’azienda a “costo zero” in quanto la previsione normativa consente di derogare alle disposizioni civilistiche e iscrivere in bilancio il valore rivalutato del bene a fronte della creazione di una apposita riserva di rivalutazione da inserire a patrimonio netto.

Nel caso in esame i giudici di legittimità hanno cassato con rinvio il giudizio di secondo grado nella parte in cui questo evidenziava che la compensazione tra riserva di rivalutazione e il saldo dare per prelevamenti effettuati dal titolare della ditta individuale evidenziando l’utilizzo improprio della riserva (ammesso invece per quanto concerne la copertura di perdite) utilizzata per annullare importi (i prelievi del titolare) ai quali si deve presuntivamente attribuire natura di reddito. 

L’utilizzo improprio della riserva determinerebbe pertanto la definitività dei prelievi da parte del socio in modo che questi debbano quindi considerarsi soggetti a tassazione come redditi dell’impresa.

Tale impostazione tuttavia pare in netto contrasto con la posizione espressa dalle Entrate (cfr. Circ. 22/2009) rispetto alla distribuzione del saldo attivo civilistico che non genera tassazione in capo all’imprenditore individuale e ai soci di società di persone.

Dal tenore dell’ordinanza in commento non è chiaro però se il presupposto impositivo debba legarsi al mero utilizzo improprio della riserva (non utilizzata per copertura di perdite) ovvero al fatto che la stessa sia stata utilizzata per la copertura di prelievi presuntivamente derivanti da redditi prodotti dall’impresa.

Non è neanche chiaro, per altro, il destino “fiscale” del maggior valore del bene iscritto che, dapprima rivalutato solo civilisticamente, dovrebbe in questo caso (in seguito alla tassazione della riserva) assumere anche rilevanza fiscale al fine di evitare una altrimenti inevitabile doppia imposizione ad esempio in caso di cessione.

Alberto Simonetti

Dottore Commercialista – Studio EPICA Treviso e Udine