POST 201/2020

La Corte di Cassazione con la relazione n. 56 dell’8 luglio 2020 si è soffermata ad analizzare, da un punto di vista dottrinale, l’attuale tematica dell’incidenza degli eventi straordinari sui contratti di durata.

La Corte impostando il proprio ragionamento sul dovere di correttezza contrattuale, espresso nel Codice Civile negli articoli 1175 (debitore e creditore devono comportarsi con correttezza), 1337 (le trattative devono svolgersi in buona fede), 1366 e 1375 (il contratto deve interpretarsi ed eseguirsi secondo buona fede); e sul rilievo che, ogni qualvolta un dato aspetto del rapporto non sia stato oggetto di contrattazione, il giudice può integrare il contratto secondo «gli usi» e (soprattutto) secondo «l’equità» (articolo 1374), giunge a riconoscere nel nostro ordinamento l’esistenza di un principio generale consistente in un obbligo di rinegoziazione dei contratto ogni qual volta una sopravvenienza rovesci il terreno fattuale e l’assetto giuridico economico su cui è eretta la pattuizione negoziale.

Tale obbligo, secondo la Corte, impone in capo alla parte contrente non danneggiata dall’evento straordinario di intavolare nuove trattative ma non anche di concludere un contratto alle condizioni volute dalla parte che pretende la rinegoziazione. Ne consegue che, qualora ricorrano i presupposti che legittimano la richiesta di revisione del contratto, la parte destinataria della richiesta: (i) è adempiente se raccoglie l’invito e propone (e accetta) soluzioni riequilibrative eque e accettabili alla luce dell’economia del contratto; mentre (ii) è inadempiente se si oppone a nuove trattative, se si limita a intavolare trattative “di facciata” o se conduce trattative “maliziose”, senza cioè alcuna seria intenzione di addivenire alla modifica del contratto resosi squilibrato.

Non di ogni contratto, tuttavia, può essere richiesta la rinegoziazione, ma, beninteso, solo «ogni volta che dal regolamento negoziale» emergano «i termini in cui le parti hanno inteso ripartire il rischio derivante dal contratto, fornendo al giudice i criteri atti a ristabilire l’equilibrio negoziale». Vi è, quindi, la necessità di «individuare un parametro cui adeguare il contratto».

Quanto, infine, ai rimedi cui può attingere il soggetto danneggiato nel caso in cui il contraente obbligato a rinegoziare si renda inadempiente all’esecuzione del contratto rinegoziato la Corte ritiene che al rimedio del risarcimento del danno si affianchi quello dell’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre che consente al giudice di sostituirsi alle parti pronunciando una sentenza che tenga luogo dell’accordo di rinegoziazione non concluso.

Tommaso Talluto

Avvocato – Studio EPICA – Treviso