POST 79

La Corte di Cassazione con la recentissima sentenza n. 3600 depositata il 24 febbraio 2016 ha nuovamente ribadito il proprio orientamento, molto rigoroso, che, di fatto, lascia poco spazio alla tutela dei beni destinati al fondo patrimoniale, e ciò a fronte di debiti tributari (orientamento già espresso nella sentenza n. 4011/2013 e nell’ordinanza n. 3738/2015).

In particolare la Corte ha riaffermato che il fondo patrimoniale non è protettivo nei confronti di debiti tributari sorti nell’esercizio di un’attività di impresa, in quanto, a detta della Corte, i debiti derivanti da tale attività devono ritenersi contratti per soddisfare i bisogni della famiglia del contribuente che ha istituito il fondo patrimoniale.

Nei “bisogni famigliari” vengono inoltre ricomprese anche le esigenze volte al pieno mantenimento ed all’armonico sviluppo della famiglia nonché al potenziamento della sua capacità lavorativa, con esclusione solo delle esigenze di natura voluttuaria o caratterizzate da interessi meramente speculativi.

La Corte ha quindi affermato che il fondo patrimoniale non può essere opposto a quei debiti non conosciuti dal creditore come contratti per scopi estranei all’interesse della famiglia, facendo rientrare in tale categoria anche i debiti tributari.

Tale orientamento appare, tuttavia, tutelare in maniera eccessiva il fisco finendo per distorcere il dettato normativo dell’articolo 170 del Codice Civile. Non è, infatti, condivisibile ritenere che il fisco sia un creditore che non conosceva la natura del suo credito né, tantomeno, che del credito fiscale sia debitore un soggetto che, contraendolo, sta soddisfacendo un bisogno della famiglia.

L’orientamento della Corte rende quindi davvero stretta la via per una tutela del debitore, che pur in buona fede, all’inizio di una attività di impresa, abbia voluto salvaguardare determinati beni della famiglia da future azioni compiute dai creditori.

Tommaso Talluto
Avvocato – Studio Epica – Treviso