POST 137/2020

Con la circolare n. 22 del 20 maggio l’INAIL è tornata a fornire alcuni chiarimenti in materia di responsabilità del datore di lavoro in caso di contagio da COVID-19.

In primo luogo l’INAIL ribadisce che il contagio da COVID-19 deve essere considerato un infortunio sul lavoro atteso che, per consolidata giurisprudenza, deve essere considerata causa violenta di infortunio sul lavoro anche l’azione di fattori microbici e virali che penetrando nell’organismo ne determinano l’alterazione dell’equilibrio anatomico-fisiologico, sempre che tale azione, pur se i suoi effetti si manifestano dopo un certo tempo, sia in rapporto con lo svolgimento dell’attività lavorativa. In merito a tale rapporto l’Istituto (i) considera giustificato ritenere raggiunta la prova dell’avvenuto contagio per motivi professionali quando, anche attraverso presunzioni, si giunga a stabilire che l’evento infettante si è verificato in relazione con l’attività lavorativa, (ii) ricorda che si tratta di una presunzione semplice per cui è possibile che l’Istituto fornisca la prova contraria.

In secondo luogo l’INAIL precisa che ammettere un caso all’indennizzo non significa imputare alcun comportamento omissivo in capo al datore di lavoro in quanto tale responsabilità non ha nulla a che vedere con il riconoscimento del caso.

Sul punto l’Istituto afferma altresì che, poichè la responsabilità aziendale non è mai oggettiva ma occorre almeno la colpa, essa è ipotizzabile “solo in caso di violazione della legge o di obblighi derivanti dalle conoscenze sperimentali o tecniche, che nel caso dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 su possono rinvenire nei protocolli e nelle linee guida governativi e regionali di cui all’articolo 1, comma 14 del decreto legge 16 maggio 2020, n. 33”.

Da ultimo viene precisato che l’Istituto attiverà l’azione di regresso solo quando vi sia stata una comprovata violazione da parte del datore di lavoro rinvenibile, dunque, in una sentenza penale di condanna o da indagini da cui risulti senza dubbio che il datore di lavoro non ha attuato le misure di contenimento del rischio di contagio di cui ai protocolli.

Si segnala infine che nell’iter di conversione del DL 23/2020 le Commissioni della Camera hanno approvato un emendamento con il quale si vorrebbe introdurre il c.d. “scudo” a protezione dei datori di lavoro contro l’attribuzione da responsabilità da contagio da COVID-19.

In caso di approvazione di tale norma sarebbe lo stesso legislatore a ritenere che il rispetto dei protocolli anticontagio esaurisca l’obbligo di sicurezza del datore di lavoro nei confronti dei dipendenti.

Tommaso Talluto

Avvocato – Studio EPICA – Treviso