POST 212/2020

Come noto, varie sono le soluzioni della crisi alternative al fallimento (R.D. n. 267/1942 detta anche L.F.), tra le quali si annoverano, in via principale, il concordato preventivo (ex art. 160ss L.F.), il piano attestato di risanamento [ex art. 67, co. 3, lett. d), L.F.], e l’accordo di ristrutturazione dei debiti (ex art. 182-bis L.F).

L’alternativa certamente meno disciplinata da un punto di vista normativo è rappresentata dal piano attestato di risanamento, per il quale è “soltanto” prevista l’esenzione da revocatoria per gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione del piano, nonché l’inapplicabilità degli art. 216 (bancarotta fraudolenta preferenziale) e 217 L.F. (bancarotta semplice), ai pagamenti e alle operazioni compiute in esecuzione del piano di risanamento.

I presupposti per accedere a tale alternativa sono rappresentati da: 

  1. situazione di difficoltà non irreversibile dell’impresa;
  2. scopo di risanamento del piano, con esclusione della finalità meramente liquidatoria;

il tutto con la finalità del risanamento dell’esposizione debitoria e il riequilibrio della situazione finanziaria, cioè il recupero di una normale situazione economico/finanziaria che consenta la conservazione della continuità aziendale.

Non essendo previsto altro, se ne desume la caratteristica privata degli accordi che allo stesso siano collegati, consentendone la riservatezza e la protezione da una pubblicità negativa nei confronti degli stakeholders e dei clienti con i quali i rapporti continuano regolarmente in quanto sarà solo necessario che gli accordi presi con i propri creditori siano finalizzati all’esecuzione del piano di risanamento i cui dati sono attestati da un esperto indipendente nominato dal debitore.

Non è previsto l’intervento del Tribunale sia nella fase delle trattative che nel processo di definizione degli accordi. Ergo, non è una procedura concorsuale, non è governabile, né è controllato, da parte di un’autorità preposta e non prevede il coinvolgimento dell’intero ceto creditorio.

Forse, a tal motivo nella Legge Fallimentare per tale strumento alternativo di risoluzione della crisi non è prevista la più ampia tutela degli interessi del ceto creditorio mediante il blocco delle azioni esecutive e la sospensione dei pagamenti dei debiti pregressi alla data di presentazione del piano, siccome invece previsto per il concordato preventivo.

Tuttavia, con l’art. 9, co. 5-bis, D.L. 23/2020 (decreto liquidità), al fine di incentivare l’utilizzo di strumenti risolutivi della crisi d’impresa, si apre una finestra temporale sino alla data del 31.12.2021 nella quale il beneficio degli effetti “protettivi preventivi” propri della domanda di concordato viene esteso esplicitamente ai piani ex art. 67 L.F. (nonché agli accordi di ristrutturazione del debito ex art. 182-bis L.F.).

Operativamente, dovrà depositarsi in Tribunale normale domanda di concordato in bianco con richiesta di assegnazione dei termini, e successivamente, prima dello spirare di questi – che devono necessariamente essere concessi entro il 31 dicembre 2021 – depositare atto di rinuncia in cui si dovrà dichiarare di aver predisposto un piano attestato di cui depositerà la documentazione pubblicata presso il Registro delle Imprese.

In tal modo, il Tribunale, eseguite le valutazioni del caso, dichiarerà l’improcedibilità del ricorso di concordato in bianco, e potrà proseguirsi nelle attività conseguenti al piano attestato.

L’utilizzo di tale soluzione alternativa deve quindi essere oggetto di precise valutazioni in ordine alla convenienza di tale possibilità non solo avuto riguardo alla sua economicità e credibilità agli occhi dei creditori ma anche alla responsabilità degli organi gestori.

Infatti, se da un lato il piano attestato mantiene inalterata la governance della società e il presidio dei soci, dall’altro rischia di intraprendere un percorso che senza un vaglio del Tribunale può non ottenere il beneplacito da parte del ceto creditorio interessato.

La scelta di optare per tale strumento resta dunque preferibile in situazioni non eccessivamente complesse in quanto se si rivelasse una soluzione non idonea alla situazione da risanare, potrebbero essere sollevate eccezioni di responsabilità in capo all’organo amministrativo.

Marco Bolognesi

Dottore Commercialista – Studio EPICA – Mestre Venezia