POST 517

Secondo quanto previsto dall’ordinamento fiscale italiano, ed in particolar modo da quanto contenuto nell’articolo 2 comma 2 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), un soggetto è considerato residente in Italia qualora, per la maggior parte del periodo di imposta (183 gg), risulti avere nel territorio dello Stato alternativamente:

  • l’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente;
  • Il proprio domicilio;
  • o la residenzaai sensi del codice civile.

Se il requisito dell’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente è di facile lettura il requisito del domicilio e della residenza si rifanno invece a quanto previsto dal codice civile all’articolo art. 43 il quale lo individua come il luogo nel quale vi sono la sede principale degli affari e degli interessi. 

Per individuare il centro degli interessi sia la Cassazione che la Corte Europea hanno pacificamente stabilito il principio secondo cui viene data sempre prevalenza agli interessi di tipo personale (famiglia) rispetto a quelli di carattere economico (lavoro o altro).

In tema di residenza fiscale e iscrizione all’AIRE l’Agenzia delle Entrate è di recente intervenuta fornendo importanti chiarimenti in chiave interpretativa con la risposta all’istanza di interpello n. 203 del 25.06.2019.

Qui, nel delineare i classici elementi caratterizzanti la residenza, l’Amministrazione Finanziaria ha precisato che qualora, anche per meri vizi burocratici, l’iscrizione all’AIRE risulti tardiva e quindi per il periodo di imposta il soggetto risulti residente in Italia ai sensi della normativa interna lo stesso, i redditi prodotti all’estero come lavoratore dipendente, saranno assoggettati (ai sensi dell’articolo 15 delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni secondo lo standard OCSE) a tassazione concorrente in entrambi gli stati (stato estero dove viene svolta l’attività lavorativa e stato della residenza ovvero l’Italia).

Per evitare i fenomeni di doppia imposizione l’articolo 24 dei modelli di convenzione OCSE richiamo poi il diritto al riconoscimento al credito di imposta per le tasse pagate all’estero, principio per altro contenuto anche nell’ordinamento interno e precisamente nell’articolo 165 del TUIR.

Qualora tuttavia il soggetto risultasse, ai sensi delle rispettive normative interne, residente sia in Italia che nello stato estero diverrà fondamentale delineare quale sia lo Stato di residenza in ragione dei principi contenuti dall’articolo 4 paragrafo 2 delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni stipulate tra l’Italia e lo stato estero (dove esistenti). Tale diposizione contiene le così dette “Tie Breaker Rules” le quali mirano a dirimere i problemi di residenza di un soggetto tra uno Stato contraente e l’altro. Secondo il modello standard OCSE di convenzione (che vanno ovviamente verificate convenzione per convenzione) qualora un soggetto, ai sensi della normativa interna di entrambi gli Stati contraenti, possa essere considerato residente in entrambi gli Stati dovrà essere considerato residente nel paese dove (in ordine decrescente di prevalenza):

  • ha un’abitazione permanente;
  • qualora detenga una abitazione permanente in entrambi gli stati il soggetto sarà considerato residente nel Paese ove il soggetto ha il centro dei propri interessi vitali (primo tra tutti la famiglia);
  • qualora non sia possibile determinare la residenza secondo quanto previsto dai due punti precedenti il soggetto verrà considerato residente nel Paese ove dimora abitualmente;
  • se anche dopo i tre punti precedenti il soggetto non possa essere considerato residente in uno Stato piuttosto che nell’altro lo stesso dovrà essere considerato residente nello Stato contraente di cui ha la nazionalità;
  • in ultima istanza la questione dovrà essere risolta di comune accordo tra gli Stati contraenti.

Alberto Simonetti

Dottore Commercialista – Studio EPICA Treviso e Udine