POST 300

La cessione dell’azienda o del
ramo d’azienda comporta, salvo nei casi in cui la stessa avvenga nell’ambito di
procedura concorsuale, la responsabilità del cessionario, in solido con il
cedente, verso i debiti tributari relativi all’anno in cui ha luogo la cessione
e per i due periodi di imposta precedenti ma comunque nei limiti del valore
dell’azienda o del ramo d’azienda acquisito.

Tale disposizione tributaria è
contenuta nell’articolo 14 del d.lgs. 472/1997. Lo stesso, al suo comma 3,
prevede tuttavia la facoltà per il cessionario di richiedere
all’Amministrazione finanziaria una certificazione circa l’esistenza di contestazioni
in corso e di quelle già definite per le quali i debiti non sono ancora stati
soddisfatti dal cedente. Il certificato (carichi pendenti), se negativo, ha
pieno effetto liberatorio nei confronti del cessionario così come la mancata
risposta entro 40 giorni dalla richiesta.

Il certificato quindi libera
il cessionario, o quantomeno ne limita la responsabilità, salvo che
l’operazione non sia stata posta in essere in frode al fisco.

Tuttavia in un primo
orientamento la Corte di Cassazione con sentenza n. 5979 del 14 marzo 2014 si
era espressa ritenendo che il limite temporale, che vincola la responsabilità
solidale del cessionario alle obbligazioni relative all’anno della cessione ed
ai due anni precedenti, non operasse
quando il cessionario non si fosse attivato presso gli uffici dell’ente
impositore per ottenere il predetto certificato sull’esistenza dei carichi
fiscali pendenti
. In buona sostanza, secondo tale primo ordinamento dei
giudici di legittimità, se il cessionario non chiede il certificato di cui
sopra, non solo non si verifica
l’effetto liberatorio ma nemmeno operano i limiti alla sua responsabilità per i
debiti fiscali
.

Con una recente sentenza del
13 luglio 2017 n. 17264 la Cassazione ha però assunto una posizione
radicalmente opposta a quella contenuta nella succitata sentenza. Gli Ermellini
hanno infatti ritenuto che la responsabilità solidale del cessionario per
imposte e sanzioni relative all’azienda ceduta concerne le violazioni in
materia tributaria commesse dal cedente nell’anno della cessione e nei due
periodi di imposta precedenti, nonché per quelle oggetto di contestazioni nel
medesimo periodo anche se riferite a violazioni commesse in epoca anteriore, pure in mancanza del certificato dei
carichi pendenti
.

Il certificato infatti, secondo
i giudici, è a garanzia del contribuente che lo richiede e, se negativo,
determina un effetto liberatorio. Lo stesso ha quindi facoltà di richiederlo ma non ne è obbligato.

Pertanto anche se il certificato non viene
richiesto permangono le limitazioni richiamate nella norma ex articolo 14 comma
1 d.lgs. 472/97
.

Alla luce di tale ultimo
pronunciamento la responsabilità solidale del cessionario in riferimento alle
pendenze tributarie è quindi soggetta ai seguenti limiti:

a. Preventiva escussione del
cedente:
il cessionario risponderà solo nella ipotesi
in cui il cedente non riuscirà a far fronte al debito tributario;

b. Limite conoscitivo:
il cessionario risponderà solo per i debiti tributari sorti nell’anno del
trasferimento e nei due periodi di imposta successivi salvo che non sia dimostrato
diversamente dal certificato dei carichi pendenti richiesto all’amministrazione
finanziaria;

c. Limite quantitativo:
l’obbligazione in capo al cessionario non può superare il valore dell’azienda o
del ramo d’azienda acquisito.

Alberto
Simonetti
Dottore Commercialista – Studio EPICA – Treviso