POST 292

Con la risoluzione n. 124/E
del 13 ottobre 2017 l’Agenzia delle Entrate è tornata a trattare il tema “scottante”
e controverso della tassazione derivante dalla rinuncia da parte dei soci a
crediti vantanti nei confronti della società.

Nel caso di specie è stata
ribadita la necessità di assoggettare a tassazione in capo ai soci
amministratori, e non in capo alla società per la sopravvenienza attiva, la
rinuncia delle quote di TFM (Trattamento di Fine Mandato) ad essi spettanti ed
accantonate nel corso degli anni dalla società.

La risoluzione si sofferma in
prima battuta sulla natura del credito ovvero sul TFM. Lo stesso viene qui
nuovamente riconosciuto come componente deducibile in capo alla società ai
sensi dell’articolo 105 comma 4 del TUIR che richiamando l’articolo 17 comma 1
lett. c) dello stesso Testo Unico, consente di portare in deduzione per
competenza le quote accantonate al fondo di trattamento di fine mandato per gli
amministratori. Tale deduzione è consentita solo nel caso in cui
l’accantonamento derivi da un preciso accordo contrattuale avente data certa
anteriore all’inizio del rapporto. In caso contrario il TFM risulterebbe
deducibile esclusivamente al momento della sua erogazione.

L’Agenzia prosegue
soffermandosi sulla questione relativa all’eventuale rinuncia del credito da
TFM vantato dagli amministratori soci nei confronti della società. Sul tema
della rinuncia ai crediti da parte dei soci l’Amministrazione ricorda il contenuto dell’articolo
88 comma 4bis del Tuir (introdotto dal cd. “decreto
internazionalizzazione
” – D.lgs. n. 147/2015 – ed in vigore dal 2016) secondo
cui la comunicazione scritta da parte del socio alla società (dichiarazione
sostitutiva di atto notorio) della rinuncia al credito attribuisce valore
fiscale alla stessa comportando l’accrescimento del valore della partecipazione
in capo al socio e la imponibilità in capo alla società come sopravvenienza
attiva della sola parte del credito che eccede il relativo valore fiscale.
Tuttavia nel caso di rinuncia al TFM da parte del socio amministratore non
sarebbe ravvisabile nessuna differenza tra il valore fiscale e il valore
nominale dei crediti rinunciati e pertanto la società non dovrebbe tassare
nessuna sopravvenienza attiva.

Appellandosi poi alle recenti
pronunce della Corte di Cassazione (cfr. Cassazione n. 26842 del 18 dicembre
2014 e ordinanza n. 1335 del 26 gennaio 2016) l’Agenzia delle Entrate ribadisce
il teorema del cd. “incasso giuridico
come contenuto nella ormai famosa circolare n. 73 del 27 maggio 1994.

Attraverso tale fictio juris l’Amministrazione
Finanziaria considera tassabili le rinunce dei soci per crediti vantanti nei
confronti della società qualora questi siano correlati a redditi che, se
percepiti, andrebbero acquisiti a tassazione per cassa (compensi
amministratori, utili, TFM etc…).

Pertanto, sulla base di tale assunto,
l’Agenzia delle Entrate afferma che nel caso della rinuncia da parte dei soci amministratori
al credito per TFM questi operino di fatto una patrimonializzazione della
società e pertanto tali crediti rinunciati – che in applicazione del cd.
“incasso giuridico” si intendono incassati – dovranno essere assoggettati a
tassazione in capo ai soci persone fisiche non imprenditori, con conseguente
obbligo da parte della società di effettuare la ritenuta alla fonte ordinariamente
prevista.

Alberto
Simonetti
Dottore Commercialista – Studio EPICA – Treviso