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In data 16 marzo 2016 l’Agenzia delle Entrate, ha pubblicato la circolare n. 5/E con la quale ha fornito importanti indicazioni operative utili alla determinazione del credito d’imposta per le attività di ricerca e sviluppo previsto dall’art. 3, D.L. n. 145/2013 come modificato dalla legge di Stabilità 2015, successivamente introdotte dal Ministro dell’Economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello Sviluppo economico, con il D.M. 27 maggio 2015 (in G.U. n. 174 del 29 luglio 2015).

Facciamo un passo indietro: l’art. 3, D.L. n. 145/2013 riconosce, per i periodi d’imposta successivi al 2014 e fino al periodo in corso al 31 dicembre 2019, a tutte le imprese inquadrate nello stesso D.L. e che affrontino investimenti in attività di ricerca e sviluppo, un credito di imposta pari al 25% delle spese incrementali sostenute rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi di imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015; la misura del credito è stata in seguito elevata al 50% per le spese relative al personale altamente qualificato e per quelle relative a contratti di ricerca esterni con Università, enti di ricerca e altre imprese, comprese le start-up innovative.

La circolare N.5/E specifica che le attività di ricerca e sviluppo non devono necessariamente essere svolte in ambito scientifico e tecnologico ma anche in altri ambiti quali storico o sociologico, atteso che, in linea generale, le attività di ricerca e sviluppo sono volte all’acquisizione di nuove conoscenze, all’accrescimento di quelle esistenti e all’utilizzo di tali conoscenze per nuove applicazioni.

In considerazione a quanto già indicato nelle disposizioni precedenti, le spese ammissibili ai fini della determinazione del credito sono riconducibili a quattro macro-categorie:

a) personale altamente qualificato impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo, in possesso di un titolo di dottore di ricerca, ovvero iscritto ad un ciclo di dottorato, ovvero in possesso di laurea magistrale in discipline di ambito tecnico o scientifico;

b) quote di ammortamento delle spese di acquisizione o utilizzazione di strumenti e attrezzature di laboratorio, con un valore minimo di euro 2.000;

c) contratti di ricerca stipulati con università, enti di ricerca e organismi equiparati, e con altre imprese;

d) competenze tecniche e privative industriali relative a un’invenzione industriale o biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale, anche acquisite da fonti esterne.

In riferimento alle categorie sopra elencate, riassumiamo di seguito le principali puntualizzazioni dell’Agenzia dell’Entrate in aggiunta a quanto già noto.

La circolare specifica che sono senz’altro ammessi i costi sostenuti in relazione ad un eventuale contratto di lavoro dipendente stipulato con l’amministratore che svolga attività di ricerca e sviluppo, laddove tale rapporto sia validamente costituibile ai sensi della vigente disciplina sul lavoro.
Si specifica inoltre che siano agevolabili anche i compensi corrisposti all’amministratore, non dipendente dell’impresa, che svolge attività di ricerca e sviluppo se adeguatamente comprovata e se la stessa non è limitata alla gestione dell’attività di ricerca e sviluppo.

La circolare sottolinea che rientrano tra i costi agevolabili anche quelli sostenuti per l’attività di ricerca svolta da professionisti in totale autonomia di mezzi e di organizzazione.

Sempre in merito alle spese relative alla ricerca “extra-muros”, è stato puntualizzato che sono escluse quelle relative alle commesse affidate alle società del medesimo gruppo.

Secondo la formulazione attuale della norma, in ogni caso, non risultano agevolabili ai sensi della lettera a) del comma 6 dell’articolo 3, le spese per il personale “tecnico”, ovverosia per il personale non in possesso dei titoli richiesti dalla norma che viene impiegato in attività di ricerca e sviluppo. Tuttavia, qualora ricorrano i presupposti stabiliti dalla lettera d) del comma 6 ai fini dell’ammissibilità delle spese per “competenze tecniche”, si ritiene che i costi per il “personale non qualificato” siano da considerare eleggibili ai sensi della citata lettera d).

DETERMINAZIONE DEL CREDITO

La norma prevede espressamente l’effettuazione di un ammontare minimo di investimenti al fine di poter accedere al credito di imposta, pari a 30.000 euro; a tal fine la circolare evidenzia che la condizione relativa alla soglia minima di investimento è posta esclusivamente con riferimento a ciascun periodo di imposta per il quale si intende effettivamente accedere all’agevolazione. Non è quindi necessario effettuare investimenti di importo pari almeno a 30.000 euro in tutti i periodi di imposta potenzialmente agevolati essendo sufficiente che tale soglia sia raggiunta nel singolo periodo di imposta in relazione al quale l’impresa ha intenzione di beneficiare dell’agevolazione.

Quanto alla tipologia di investimenti da prendere in considerazione per il calcolo della media di raffronto, il comma 1 dell’articolo 3 fa riferimento agli investimenti in attività ricerca e sviluppo effettuati in eccedenza rispetto alla “media dei medesimi investimenti” realizzati nei tre periodi di imposta precedenti, senza ulteriori specificazioni, fermo restando la condizione di incremento.

La circolare si sofferma inoltre sul presentare una serie di casistiche utili all’operatore nella definizione del metodo di calcolo.

AGEVOLAZIONI CUMULABILI CON IL PATENT BOX

Un chiarimento importante contenuto nella circolare attiene la cumulabilità delle agevolazioni in commento con quelle previste dall’art. 1, commi da 37 a 45, legge n. 190/2014 in relazione alla parziale detassazione dei redditi derivanti dall’utilizzo di software protetto da copyright, di brevetti industriali, di marchi, di disegni e modelli, nonché di processi, formule e informazioni relativi a esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili (c.d. patent box).

Si rileva che le due misure (credito d’imposta R&S e Patent Box) rappresentano strumenti sinergici volti ad incentivare e ad agevolare l’attività di ricerca e sviluppo nelle diverse fasi di svolgimento delle stessa: il primo mediante l’attribuzione di un credito di imposta per l’attività di ricerca svolta, il secondo mediante la detassazione dei redditi derivanti dallo sfruttamento economico dei beni immateriali ottenuti dall’attività di ricerca, a condizione che l’impresa continui a svolgere attività di ricerca e sviluppo ai fini del mantenimento, dello sviluppo e dell’accrescimento degli stessi.

Da tale considerazione discende che i costi rilevanti ai fini dell’attribuzione del credito di imposta per attività di ricerca e sviluppo devono intendersi integralmente rilevanti anche ai fini della determinazione del reddito detassato nel regime di patent box.

Dr. Edoardo Segu’
Villani & Partner – Pavia – Treviso
Partner Studio Epica