POST 432

(nota di aggiornamento dopo la conversione in legge del decreto fiscale 23/10/2018, n. 119).

La legge di conversione del decreto legge citato, pubblicata in Gazzetta Ufficiale del 18/12/2018 (Legge 17/12/2018, n. 136), ha introdotto alcune modifiche volte a rendere più favorevole la definizione delle liti fiscali pendenti con l’Agenzia delle Entrate alla data del 24/10/2018. Ciò è avvenuto rivedendo al ribasso le somme dovute percentualmente dai contribuenti per aderire all’istituto.

Le nuove aliquote di definizione sono le seguenti:

a) in caso di ricorso pendente iscritto nel primo grado, la controversia può essere definita con il pagamento del 90 per cento del suo valore;

b) in caso di soccombenza dell’Agenzia delle Entrate, le controversie possono essere definite con il pagamento:

b1) del 40 per cento del valore della controversia qualora la soccombenza si sia verificata nella pronuncia di primo grado;

b2) del 15 per cento del valore della controversia qualora la soccombenza si sia verificata in grado di appello;

b3) del 5 per cento del valore della controversia qualora sussista la cosiddetta “doppia conforme” ovvero la controversia penda innanzi alla Corte di Cassazione alla data di entrata in vigore della legge di conversione (19/12/2018) e l’Agenzia delle Entrate sia risultata soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio.

La stessa legge di conversione ha disciplinato il caso di accoglimento parziale del ricorso o comunque di soccombenza ripartita tra il contribuente e l’Agenzia delle Entrate prevedendo che l’importo del tributo (al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni) è dovuto per intero relativamente alla parte di atto confermata nella pronuncia giurisdizionale e in misura ridotta, secondo le percentuali sopra riportate, per la parte di atto annullata.

Va ricordato per completezza:

a) che il “valore della controversia” da assumere quale base di calcolo per determinare le somme dovute a titolo di definizione agevolata, corrisponde alle maggiori imposte accertate con l’atto impugnato senza conteggiare i relativi interessi (liquidati nell’atto) e le conseguenti sanzioni (irrogate nell’atto);

b) che sono definibili le controversie il cui ricorso di primo grado sia stato notificato alla controparte entro il 24/10/2018 e per le quali, alla data di presentazione della domanda, il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva;

c) che il termine per il pagamento degli importi dovuti o della prima rata (come quello di presentazione della domanda) scade il 31/5/2019. Tali adempimenti sono richiesti per il perfezionamento della definizione;

d) che nel caso in cui gli importi dovuti superano mille euro è ammesso il pagamento rateale in un massimo di venti rate trimestrali (con una dilazione di durata complessivamente pari a cinque anni). Sulle rate successive alla prima, si applicano gli interessi legali. Non è consentito di compensare eventuali crediti d’imposta. Possono invece essere scomputati gli importi già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio. La definizione non dà comunque luogo alla restituzione delle somme già versate ancorchè eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione. Qualora infine non ci siano importi da versare, la definizione si perfeziona con la sola presentazione della domanda.

Avv. Claudio Tiberti